Recensione de “Il colombo d’argento” di A.Belyj
Recensione de "Il colombo d'argento" di Andrej Belyj
La discesa di un giovane intellettuale nel sistema settario ci porta a scoprire la Russia agli albori del ‘900, attraverso la magnifica scrittura di uno degli autori più interessanti del secolo scorso.
A Ottobre 2018, Fazi editore ha ripubblicato “Il colombo d’argento” di Andrej Belyj, con la nuova traduzione di Carmelo Cascone. Come chiunque conosca almeno un poco l’autore Belyj può indovinare, “Il colombo d’argento” non è certamente una facile lettura. Devo ammettere di aver impiegato più del tempo necessario a leggerlo, in parte perché è un libro complesso, ricco di passi estremamente descrittivi, in parte perché la sua scrittura non consente una lettura veloce, distratta, una “prima lettura”.


In nessun luogo mai si può fantasticare come in Russia; qui, tra questa gente semplice, scevra da malizia, è possibile perdersi in chimere; i campi russi conoscono misteri, così come le foreste; […] le anime russe sono tramonti; e forti e resinose sono le parole russe: se sei russo custodirai nell’anima un mistero purpureo e la tua parola, vischiosa come la resina, emana un profumo […]. “L’occidente ha diffuso una gran quantità di parole, di suoni, di simboli, nello stupore del mondo; ma quelle parole, quei suoni, quei simboli, come lupi mannari si dileguano e trascinano con sé gli uomini, ma dove? Mentre la silente parola russa, da te venuta fuori, con te rimane ed è una preghiera […].”
Nella mia migliore tradizione, ci è voluta una laurea in letteratura inglese per farmi apprezzare quella russa. Considero la letteratura russa e il suo modo di vedere il mondo semplicemente incantevoli.