La paura di diventare mira di una lettera accusatoria era particolarmente diffusa, soprattutto durante il periodo delle Grandi Purghe, tanto che molti vivevano nel costante timore di poter essere arrestati durante la notte, svegliandosi non appena sentivano una macchina arrestarsi nei pressi della loro abitazione o per il rumore di passi davanti alla porta d’ingresso. Molti tenevano accanto al letto borse già pronte, con all’interno tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno nel caso in cui i cekisti si fossero presentati a quell’indirizzo.
Si diceva che u sten est’ uši (i muri hanno le orecchie), alludendo al fatto che chiunque poteva essere una spia e riportare tutto alle autorità (nel gergo, chi faceva la spia veniva chiamato stukač, dal verbo stučat’, “bussare, battere”, che nel linguaggio criminale indicava il colpire qualcuno).
Molte delle lettere inviate erano spesso anonime (dette anonimki) e i loro autori venivano definiti anonimščiki (i senza nome). La ragione per cui si voleva celare la propria identità era l’ovvia paura delle rappresaglie o ritorsioni che si sarebbero potute subire.
Le accuse più frequenti giudicavano un individuo colpevole di nascondere qualcosa riguardo al proprio passato (discendere da famiglie di kulaki o ex borghesia zarista) o di detenere un comportamento criminale o inappropriato secondo i principi sovietici, calunnie che spesso i corrispondenti lanciavano non soltanto come segno di devozione al Partito per informarlo, ma anche per il conseguimento di obiettivi personali (ottenere qualifiche lavorative, appartamenti, etc).
Anche dopo la caduta dell’Unione Sovietica, i servizi di sicurezza e di intelligence russi continuarono a svolgono un ruolo importante nelle questioni di sicurezza nazionale, molto più di quelli degli Stati europei o degli Stati Uniti.