Gli indizi testuali sulla lunghezza della coda sono anch’essi vaghi. Essa si snoda sinuosa, parte da uno spazio aperto e finisce in uno spazio più ristretto, come a volersi proteggere, adattandosi. Ciononostante, la variabile spaziale è senza dubbio più percettibile di quella temporale; si passa da inizio a fine romanzo, da uno spazio aperto ad uno sempre più chiuso, passando poi per vicoli e cortili.
È come se la coda fosse fluida, non solo grazie alle sue capacità di adattamento per soddisfare (sempre con successo) i propri bisogni fisiologici, ma anche perché liquida: si adatta ad ogni luogo e trova fessure attraverso le quali infiltrarsi, per poi essere rovesciata con fragore a terra, disperdendosi in tante piccole gocce qua e là, in ogni angolo ed ogni portico che dà sulla strada.
Mentre leggiamo, la linea si profila come un corpo che si muove, tanto quanto un corpo vero, per le strade della città. Questo corpo si profila anche sullo sfondo della pagina bianca: si può capire dalla misura della “stringa” se le “pulsazioni” dell’organismo-coda siano rilassate o concitate.
In maniera quindi letteralmente fisica abbiamo davanti, con i botta e risposta dei personaggi, una linea ad istogramma che ci fa percepire il suo inanellamento tanto sulla pagina, quanto sulla strada. Da questo indizio tangibile, stampato, dell’autore, l’affermazione che il lettore non crea il personaggio-coda, ma è l’autore che induce l’immagine della coda.
Il lettore di questo piccolo capolavoro dialogico ha un assaggio di quella che sarà l’imperante fisicità, materialità e dissacrazione dei successivi e chiacchieratissimi lavori di Vladimir Sorokin. Al tempo stesso, ha l’occasione di assaporare un testo quotidiano e dalla lingua ricchissima, con quell’atmosfera sovietica che non troveremo quasi più nei successivi lavori del nostro autore.
[2] Letteratura russa contemporanea: la scrittura come resistenza, M. Caramitti, Editori Laterza, 2010, pp. 121-122.
Articolo a cura di Giulia Gallo
Durante la stagnazione, le code più tranquille erano quelle per il Mausoleo, perché la gente sapeva che Lenin non sarebbe mai terminato.