Traduzione poema politico “ВОЛЬНОСТЬ” Libertà di Aleksandr Seergevič Puškin, e come tale poema sia fondamentale per capire le posizioni progressiste del poeta
Il titolo del poema vuol dire “libertà”; tuttavia il termine Vol’nost’ è un termine antico, dal timbro molto elevato, che non vuol dire solo “libertà”, ma più nello specifico libertà politica, indipendenza. Tramite questo poema Puškin vuole dimostrare, basandosi su fatti storici come la rivoluzione francese, che non potrà mai esserci un governo giusto ed equo sia se il potere viene detenuto dal popolo che dal sovrano. Per Puskin infatti la sola “sovrana” che possa garantire al popolo pace e libertà è la fedele e imparziale Legge, la quale è al di sopra di tutti ( “Padroni! a voi trono e corona ha la Legge concesso – non la natura”). Nel poema il poeta denuncia il potere assoluto, così come gli zar che lo detengono, con parole molte dure, sottolineando come la storia abbia dimostrato le conseguenze inevitabili di questa tipologia di governo. Non ci sorprende che per tali posizioni Puškin fosse vicino al movimento decabrista, tuttavia l’idea di Puskin non era quella di sostenere una rivoluzione, poiché, come abbiamo detto, per Puškin sia il sovrano che il popolo dovrebbero sottostare alla fedele e imparziale Legge, la quale, se nasce da un connubio con la sacrosanta Libertà, è l’unica che può garantire un governo egualitario dove regna la pace. Vi auguro una buona lettura :).
LIBERTÀ
Corri, nasconditi dagli sguardi
di Citera, debole Zarina!
Dove sei, dove sei, terrore degli zar
della libertà fiera cantor ?
Vieni, la corona da me svella,
Spezza, la rammollita lira…
Voglio cantarti al mondo, o Libertà,
E sui troni sconfiggere il vizio.
Apriti a me riconoscente solco
Di quel nobile gallo
a cui, proprio nelle celebri sventure,
Tu valorosi inni hai inspirato.
Cagnolini dell’imprevedibile Destino,
Tiranni del mondo! Tremate!
E voi, siate uomini e ascoltate!
Ricostruite, servi caduti!
Ahimè! Anche dove lo sguardo non conduce
tutt’intorno flagelli, ovunque solo catene.
Delle leggi la ghibellina vergogna,
dello schiavo impotenti lacrime;
Ovunque l’ingiusto Potere domina
Nella fitta nebbia dei pregiudizi
Troneggiava — della Schiavitù terribile Genio
e della Fama passione fatale.
Solo sopra l’imperiale testa
Dei popoli non stèa sofferenza alcuna, lassù
Dove sì fortemente con la sacrosanta Libertà
le possenti Leggi convergono
Dove il loro solido scudo su tutti si stende,
Dove stretta dalle fedeli mani
Dei cittadini, su uguali teste
la loro spada senza elezione si muove.
E il delitto dall’alto
abbatte con la giusta misura;
Dove la loro mano resta
all’ingorda avarizia e alla paura incorruttibile.
Padroni! a voi trono e corona
ha la Legge concesso – non la natura;
Valete più voi che il popolo,
ma eterna sopra di voi è la Legge.
Sventura alle stirpi,
Dove tu incauta sonnecchi
Dove al popolo come agli zar,
permetti, o Legge, di comandare!
Ti chiamo a testimoniare,
Del martire gli errori gloriosi,
Degli antenati la colpa, se nel clamore di recenti
tempeste l’imperiale testa è caduta.
Camminando verso la morte Ludovico
Alla vista della tacita prole,
La sconsacrata testa accostò
all’insanguinato ceppo della Perfidia.
Tace la Legge – il popolo tace,
cade la criminosa ascia…
Ed ecco – il maligno porfido
sugli impacciati Galli dispiegarsi.
Autocrate maligno!
Te, il tuo trono disprezzo,
Alla tua dipartita, alla morte dei tuoi figli
Con crudele gioia guardo.
Sulla fronte tua si legge
della condanna del popolo il sigillo.
Tu, orrore del mondo, della natura
vergogna, d’esser Dio in terra è l’accusa.
Come quando sulla tenebrosa Neva
Una stella a mezzanotte risplende
O quando il sogno sereno
sulla spensierata mente grava,
Così guarda il pensieroso cantore
del tiranno il deserto monumento,
che minaccioso dormiente tra la nebbia,
all’oblio resta abbandonato.
E Clio sente l’orribile voce,
dietro quelle spaventose mura,
di Caligula l’ultima ora,
Egli lo vede chiaro davanti agli occhi,
Egli li vede negli astri e nelle stelle,
di vino e rancore inebriati,
gli assassini di nascosto spostarsi,
Nei volti l’audacia, nel cuore la paura.
Tace la sentinella infida,
mentre in silenzio il ponte abbassa,
Nella notte oscura le porte spalanca
La mano del tradimento ricompensata…
Che vergogna! Orrore dei nostri tempi!
Come le bestie, irruppero i giannizzeri!
Si fermeranno gli ignobili colpi…
Lo sciagurato incoronato è caduto.
E adesso avrete capito, o zar:
nessun castigo, nessun premio
nessun asilo delle prigioni, nessun altare
è sicuro per il vostro recinto.
Si chinino i primi, rifugio sicuro
sotto della Legge il capo, e diventeranno
dell’eterno trono guardiani,
dei Popoli pace e libertà.
Ps: Purtroppo non sono riuscita ad inserire le note a piè di pagina, perciò se aveste qualche particolare curiosità potete scrivere nei commenti.
FONTE : Russkaja virtual’naja biblioteka, Traduzione di Lisa Cannarella
Mi sono laureata in mediazione linguistica presso l’Università per Stranieri di Siena. Ho studiato russo e tedesco e durante gli studi mi sono perdutamente innamorata della letteratura russa (i racconti di Čechov così come le piccole tragedie di Puškin mi fanno morir dal ridere) e proseguirò questa strada nella mia magistrale. La mia giornata ideale consiste nel tradurre poesie russe con le cuffie alle orecchie, tra una poesia e l’altra però mi interesso anche di politica.